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Diego Armando Maradona è morto. Le curiosità che lo legano alle Marche

Il dio pagano del calcio, Diego Armando Maradona è morto. Alcuni episodi lo legano alle Marche, in particolar modo all'Ascoli Calcio

Diego Armando Maradona è morto a Tigre a causa di un arresto cardio-respiratorio. Si trovava nella sua casa, nel quartiere San Andres, dove risiedeva dopo l’operazione dello scorso 3 novembre. Aveva compiuto 60 anni il 30 ottobre.

Tre giorni di lutto nazionale in Argentina. Minuto di silenzio sui campi Uefa e in Serie A. “Intitoliamo lo Stadio San Paolo a Diego Armando Maradona!!!”. Lo scrive su twitter il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

La carriera de El Pibe de Oro

Diego Armando Maradona (Lanús, 30 ottobre 1960 – Tigre, 25 novembre 2020) , soprannominato El Pibe de Oro (“il ragazzo d’oro”), è considerato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, se non il migliore in assoluto. Capitano della nazionale argentina vincitrice del campionato del mondo 1986. Nel 1995 vinse il Pallone d’oro alla carriera.

Nella ventennale carriera ha militato nell’Argentinos Juniors, nel Boca Juniors, nel Barcellona, nel Siviglia e nel Newell’s Old Boys. Con la nazionale argentina ha partecipato a ben quattro Mondiali (1982, 1986, 1990 e 1994). Tra club, nazionale maggiore e nazionale Under-20 (escluse le partite non ufficiali), Maradona ha giocato globalmente 694 partite segnando 354 reti, alla media di 0,51 gol a partita

Il 5 luglio 1984 Maradona venne presentato ufficialmente dal Napoli allo stadio San Paolo e fu accolto da circa ottantamila persone, che pagarono la quota simbolica di mille lire per vederlo. Nelle sette stagioni con gli azzurri del Napoli, disputò nelle varie competizioni 259 partite, segnando 115 reti, e vincendo due scudetti, una Coppa Uefa ed una SuperCoppa Italiana.

Diego ed il primo cartellino rosso allo Stadio Del Duca di Ascoli Piceno

Nel suo primo anno in Italia, Domenica 18 novembre 1984, alla Stadio del Duca di Ascoli Piceno, Diego venne espulso dall’arbitro Ciulli, coadiuvato dal guardialinee Sauro, per una reazione nei confronti del giocatore dell’Ascoli Nicolini, il suo primo cartellino rosso in Italia.

Il Napoli presentò reclamo con procedura d’urgenza; Maradona addirittura si recò a Milano e spiegò le sue ragioni ai componenti della Disciplinare, ed ottenne una riduzione della pena, infatti tolsero la giornata di squalifica, lasciando una semplice ammonizione con diffida.

“C’ è stato un equivoco: quando Nicolini mi si è avvicinato non mi ha colpito. Io, istintivamente, ho messo le mani avanti per evitare il possibile colpo che non c’ è stato. Non ci siamo nemmeno sfiorati. Il guardalinee forse è stato ingannato dalla prospettiva. Giuro che è la verità”. Maradona spiegò così ai giudici l’ accaduto.

Se il tuo cognome è Maradona….

A volte si nasce senza sapere che un giorno verrai ricordato unicamente come “fratello di” e tale rimarrai nonostante tutti gli sforzi che ti prodigherai di fare per emergere, per brillare di luce propria. Nello sport è accaduto tante volte. E se il tuo cognome è Maradona e calci un pallone, il tuo destino sarà segnato.

MaradonaHugo Hernán, detto El Turco, nasce a Lanús il 9 maggio del 1969, è un fantasista che ricama col destro. Nella primavera del 1985 gioca con la maglia della sua nazionale i mondiali under 16 in Cina.
Durante Argentina-Congo, terminata 4-2, segna una doppietta infilando anche una punizione all’incrocio dei pali, specialità di famiglia. Diego così consegnerà alla storia questa frase: «Diventerà anche più forte di me».

Hugo debutta in Primera División con l’Argentinos Juniors così come aveva fatto il fratello maggiore e in uno dei raduni della Selección dopo il mondiale vinto in Messico, Diego convince il ct Carlos Bilardo a convocare anche El Turquito per fare in modo che, frequentando il gruppo della nazionale, possa maturare prima. Gioca 2 anni nell’Argentinos (19 presenze, un solo gol) ed al termine del biennio Dieguito, campione del mondo e campione d’Italia in carica, convince il presidente Ferlaino a portare suo fratello al Napoli. A quel punto si tratta di trovargli una squadra dove parcheggiarlo in prestito in quanto in Serie A possono essere tesserati solo 2 stranieri per club. E l’altro straniero del Napoli si chiama Antonio Careca. Ad occuparsi delle trattative è Luciano Moggi, direttore generale dei partenopei. Il Pisa neopromosso, per voce del suo vulcanico presidente Romeo Anconetani, rifiuta con uno sdegnato: «No, grazie!» Per il Pescara, anch’esso neopromosso, è il tecnico Giovanni Galeone a dire: «Cedete pure Pagano al Napoli, ma non fatevi appioppare Hugo Maradona, per carità!»

MaradonaAlla fine è Costantino Rozzi, istrionico presidente dell’Ascoli, ad accettare di mettere sotto contratto l’argentino per la stagione ’87/’88. Diverrà così il più giovane calciatore straniero dal dopoguerra. Per favorire il buon esito della trattativa, all’Ascoli – fresco vincitore della Mitropa Cup – vanno in prestito anche Costanzo Celestini e Fabio Carannante, in pratica 3 giocatori a costo zero per i bianconeri.

Ilario Castagner, allenatore dei marchigiani, durante la preparazione si sbilancia: «Possiede un ottimo controllo che gli permette dribbling strettissimi e rapidi. Arriva in area in ottime condizioni per il tiro a rete. Sa dare bene anche la palla ai compagni, passaggi millimetrici e smarcanti. E non è male nemmeno il tiro: secco e preciso». Sembra l’inizio di una favola, ma Huguito debutta in panchina. Gioca in tutto 13 partite (anche al San Paolo contro Diego), 3 sole volte come titolare indossando la maglia numero 10, senza lasciare traccia di sé. Castagner gli preferisce il più prosaico Paolo Giovannelli, l’Ascoli riesce comunque a salvarsi dalla retrocessione grazie ai gol di Wálter Casagrande Júnior e tutta l’Italia si rende conto che “Maradonino” è inadeguato per la Serie A. Un quotidiano dell’epoca scrive: «Il baby Maradona si è installato in un appartamento con un’amica napoletana. Ha diciotto anni, la faccia imberbe, una tecnica semi-squisita che sciorina sin dal debutto, ma nessuna voglia di soffrire».

Così nell’estate del 1988 il Napoli riesce a spedirlo in Spagna, al Rayo Vallecano in Segunda División. In seguito al suo ritiro dal mondo del calcio giocato, si è stabilito a Napoli, dove ha diretto una scuola di calcio, la Mariano Keller. Prima di allenare in una serie di squadre dilettantistiche campane.

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